IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha emesso la seguente ordinanza:
   In  data  7  gennaio 1997 il p.m. chiedeva il rinvio a giudizio nei
 confronti degli imputati sopra generalizzati per  i  reati  di  abuso
 d'ufficio,   turbativa  d'asta  aggravata,  corruzione,  concussione,
 estorsione e truffa, come a ciascuno rispettivamente ascritti.
   All'udienza preliminare il p.m., dopo l'intervento della  legge  n.
 267  del  7 agosto 1997, chiedeva l'esame con le forme dell'incidente
 probatorio di  Caliri  Salvatore,  Versaci  Antonino,  Russo  Antonio
 Mario,  Caliri  Carmelo  e  Agnello  Vincenzo,  imputati,  e di Anza'
 Antonino, Bonina Giuseppe, Bontempo  Francesco,  Bordonaro  Giovanni,
 Bosco  Antonino,  Casilli  Antonino,  Di Pietro Salvatore, Di Stefano
 Rosario,  Fama'  Salvatore,  Galipo'  Cono,  Gallo  Giuseppe,  Gumina
 Biagio,  Ghersi Adolfo, Lanuto Giuseppe, Manasseri Benedetto, Maccora
 Antonino, Maio Giuseppe, Mami' Carmelo,  Mangano  Salvatore,  Maniaci
 Cono,  Naro  Giuseppe,  Nicoletti  Angelo,  Nocifora  Amata Vincenzo,
 Natoli  Tino  Santi,  Oriti  Cirino,  Presti  Antonio,   Prestidanisi
 Calogero,  Puglisi  Giuseppe,  Rundo Antonino, Scurria Rosario, Rausa
 Gino,  Reale  Cirino,  Reitano   Antonino,   Ricciardello   Antonino,
 Ricciardello  Basilio,  Ricciardello Vincenzo, Rotelli Alfio, Rotelli
 Benedetto, Russo Sante, Sciammetta Rosario, Sidoti  Pinto  Salvatore,
 Taormina  Vincenzo, Versaci Giuseppe, Vieni Cirino, tutti imputati di
 reato connesso.
   Ammesso l'incidente probatorio, ad eccezione dell'esame  di  Natoli
 Tino  Santi,  consentivano all'esame Nicoletti Angelo, Rotelli Alfio,
 Gumina Biagio, Caliri Salvatore e Versati Antonino.
   Chiesta  dal  p.m.  l'acquisizione  delle  dichiarazioni  rese  dai
 soggetti  che  si  erano  avvalsi  della  facolta' di non rispondere,
 quest'ultima veniva limitata ai soli imputati e per la valenza  delle
 dichiarazioni  solo nei confronti di chi le aveva rese, stante per il
 resto l'opposizione delle difese.
   Come da piu' parti si  osserva,  il  legislatore,  con  la  novella
 dell'agosto  1997,  n.  267,  se  per un verso ha recepito le precise
 indicazioni  provenienti  dalle  convenzioni  internazionali  ed   in
 particolare  dall'art.    6  della  Convenzione  europea  dei diritti
 dell'uomo e dell'art. 14 del Patto internazionale sui diritto  civili
 e  politici,  che non potevano non rendere inaccettabile l'automatico
 utilizzo erga omnes delle dichiarazioni dei  chiamati  in  correita',
 per   altro  verso  non  ha  mostrato  di  aderire  alle  indicazioni
 provenienti dalla Corte costituzionale (vedasi sentenza n.  254/1992)
 relative  alla  necessita'  di evitare la dispersione di fondamentali
 elementi di prova, o megli e per quel che viene qui in oggetto, lo ha
 fatto limitatamente ai processi che al momento di entrata  in  vigore
 della  novella, si trovano negli stadi processuali previsti dai commi
 2, 3 e 4, dell'art. 6 della citata nuova legge.
   Se  e'  indubbio  che  sotto  un  profilo  formale  le   situazioni
 disciplinate  dalle  anzidette disposizioni sono diverse da quella in
 cui ci si trova nell'odierno processo, non si puo' non rilevare che a
 tutti tali stadi processuali e' comune  la  fondamentale  circostanza
 dell'avvenuta  chiusura  della  fase  delle  indagini preliminari con
 l'esercizio dell'azione penale, al  momento  dell'entrata  in  vigore
 della nuova normativa.
   Il cambiamento delle regole del processo ad indagini gia' chiuse ha
 comportato  uno squilibrio a favore della difesa, che non puo' essere
 considerato bilanciato dal limitatao potere del  p.m.  di  richiedere
 l'incidente  probatorio  entro sessanta giorni dall'entrata in vigore
 della legge, potere peraltro gia'  previsto  dall'art.  392,  c.p.p.,
 come modificato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 77/1994,
 ne' dai limitati poteri di indagine suppletiva.
   E,  d'altra  parte, il prevedibile mutamento di rotta di imputati e
 coimputati che nel corso  delle  indagini  preliminari  avevano  reso
 dichiarazioni  accusatorie  sulle  quali, come nel caso di specie, si
 erano  fondate  anche  misure  cautelari  personali)  avrebbe  dovuto
 indurre il legislatore a porsi il problema di estendere l'inefficacia
 probatoria  limitata  prevista dal comma 5 dell'art. 6 a tutti i casi
 in cui, al momento dell'entrata in vigore della  legge,  fosse  stata
 esercitata  l'azione  penale e l'imputato o il coimputato, sentiti in
 incidente probatorio,  si  fossero  avvalsi  della  facolta'  di  non
 rispondere.
   Evidente   appare   la   rilevanza   della  questione  nell'odierno
 procedimento, dovendo il giudice dell'udienza preliminare decidere se
 rinviare a giudizio o  prosciogliere,  tenendo  conto  del  materiale
 probatorio utilizzabile e del prevedibile sviluppo del dibattimento;